mercoledì 8 luglio 2009

Franco Marcoaldi su Ralph Waldo Emerson

Di FRANCO MARCOALDI, “La Repubblica”, 22 marzo 2008

Per rendersi conto di come cambiano rapida­mente le visioni del mondo, è utile leggere Es­sere poeta (Moretti & Vitali, a cura di Beniami­no Soressi) dell'americano Ralph Waldo Emerson. Il grande poeta e saggista di Boston (secondo alcu­ni più grande come saggista che come poeta, anche se tra gli ammiratori dei suoi versi si annoverano gi­ganti come Frost e Borges), delinea in tre scritti, due dei quali inediti in italiano, l’assoluto primato del­la poesia su qualunque altra disciplina.
Emerson sosteneva di essere «nato poeta», an­che se «di basso rango». Il che ci fa capire perché Harold Bloom, come scrive Soressi nella sua bella introduzione, «si riferisce non tanto all’Emerson poeta, quanto al filosofo del poeta, ossia all’Emer­son dei saggi qui presenti». Nei quali si ricorda co­me soltanto la parola poetica riesce a strappare la filosofia, la scienza, l’arte, dalla palude della prosa quotidiana.

Soltanto il poeta coglie i segni germi­nali della vita, la sua incessante metamorfosi, libe­rando perciò stesso le ricchezze infinite della realtà. Di più. Una volta che si è consumato il di­stacco da Dio, solo «il poeta, che rinsalda le cose al­la natura e al Tutto (...) con molta facilità sa disporre se­condo il suo volere anche le cose e i fatti più sgradevoli». Del resto, aggiunge Emerson, «Dio stesso non parla in prosa, ma comunica con noi per cenni, presagi, inferen­ze e oscure somiglianze in oggetti intorno a noi». E chi, se non il poeta, va in cerca di analogie e metafore, facendo­le poi "cantare" nella sua "gaia scienza"?Anche il più sfegatato fan della poesia non si azzarde­rebbe mai, in questo 2008, di attribuire al poeta un ruolo tanto importante. Resta però che questi scritti hanno in­fluenzato radicalmente il pensiero novecentesco: a co­minciare da Nietzsche e dal suo Zarathustra "danzante".

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