Di Maurizio Schoepflin, “Libero”, 2 luglio 2008
È noto - e si può dire che non vi sia manuale di storia della filosofia che non ne sottolinei l’importanza - che tra le prime significative letture fatte dal giovane Friedrich Nietzsche vi fu il capolavoro di Arthur Schopenhauer, “Il mondo come volontà e rappresentazione”. Ed è altresì noto che, se in un primo momento tale incontro si rivelò illuminante per l’autore di “Così parlò Zaratustra”, che apprezzò la straordinaria capacità schopenhaueriana di descrivere tutto il caotico dolore del mondo, più tardi egli prese le distanze da quel testo che ai suoi occhi finiva per indicare all’uomo la via della sconfitta e della fuga dal mondo. Poco nota e trascurata persino dagli specialisti è invece l’influenza che un altro filosofo esercitò su Nietzsche e che si rivelò assai duratura, tanto da offrirgli motivi di ispirazione per tutta la vita, un’influenza che, tra l’altro, ebbe tra i suoi effetti principali proprio quello di liberarlo dall’ipoteca schopenhaueriana.
Soressi ne enumera molti: si va dall’"adoratio fati" alla vita intesa come ricerca della. potenza, dalla virtù della salute e della gioia al ruolo della sfera umorale, dalla scelta della scrittura aforistica alla critica del finalismo, dal valore degli istinti all’aristocrazia spirituale.
Nietzsche aveva in animo di diffondere tra i suoi amici la Conoscenza di “Condotta di vita", facendone una sintesi, e nel 1874, Gersdorff paragonò il libro emersoniano a un «tesoro, il cui valore cresce Con il maturare dell'esperienza. A questo punto, ciò che appare sorprendente e il pressoché completo oblio in cui si è lasciato cadere questo decisivo rapporto fra Nietzsche ed Emerson.
Soressi analizza la questione e individua alcune possibili spiegazioni, tra cui spicca quella che fa riferimento al fondamentale ruolo avuto, nella storia delle interpretazioni di Nietzsche, da Martin Heidegger, il quale, condizionato dalla sua convinta appartenenza al partito nazista, «per tutta la sua carriera cercò di scansare tutti gli autori anglofoni».
Per la verità, fu lo stesso Nietzsche a operare il primo tradimento nei confronti del venerato maestro della gioventù; infatti, nella versione finale della sua autobiografia .'Ecce Homo" egli cancellò un passo, presente nelle bozze, in cui erano tessute le lodi di Emerson, da lui chiamato addirittura «brüder-seele», fratello d'anima. D'altra parte, una volta ribadita la rilevanza dell'influsso emersoniano sul pensiero di Nietzsche, non vanno sottaciute alcune fondamentali differenze che intercorrono tra il filosofo di Boston e quello di Röcken, la prima delle quali riguarda la cultura politica dei due: antidemocratica, antiprogressista, schiavista e bellicista quella nietzschiana, liberale, antischiavista, pacifista e progressista quella di Emerson.
E vero che non bisogna dimenticare la complessità, per non dire la contraddittorietà, di alcune posizioni emersoniane (per esempio sulla questione della razza), ma ciò non toglie che su alcuni punti-chiave la lontananza fra i due sia notevole.
A Emerson furono estranei il pessimismo e il nichilismo che pervadono la filosofia di Nietzsche, il suo panteismo risulta agli antipodi dell'ateismo nietzschiano, ed egli appare lontano anche dal radicale anticristianesimo del filosofo tedesco e riconosce al messaggio cristiano il merito di tenere in vita «almeno il nome di un amante del genere umano» e di aver offerto all'umanità una «nuova saggezza».
L'interessante lettura di “Condotta di vita” nella prospettiva del rapporto esistente fra la filosofia di Emerson e quella di Nietzsche non deve tuttavia far passare in secondo piano il valore dell'opera in sé: essa ci permette di entrare in contatto con un filosofo spesso dimenticato, ma che John Dewey definì «il filosofo della democrazia» e Harold Bloom non esitò a chiamare «Mr. America».
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