venerdì 10 luglio 2009

Ralph Waldo Emerson. Anticipatore di Nietzsche, ci aiuta a capirlo meglio

di Gianni Vattimo
(da La Stampa, 25 maggio 2003)

QUANDO, nei giorni più bui della recente crisi dell'Iraq (e dei rapporti tra Stati Uniti ed Europa), abbiamo cercato di ripensare alla «America che amiamo», e che non si potrebbe mai confondere con i «falchi» di Bush, un nome che ci è venuto in mente è stato quello di Ralph Waldo Emerson. Uno spirito amico di altri grandi americani autentici come Henry David Thoreau o Walt Whitman. Uno che, nelle prime pagine dei suoi famosissimi Saggi (1841-44), ci viene incontro con una rivendicazione di libertà («Chiunque vuol essere un uomo deve essere non conformista») assai poco in armonia con la progressiva militarizzazione a cui la lotta al terrorismo sta costringendo la società statunitense.
Già, si potrebbe osservare, ma come mai allora Nietzsche, ritenuto il profeta del nazismo e di tutte le ideologie violente del Novecento, lo considerava così affine a sé da non poterne nemmeno parlare per lodarlo, tanto vi si identificava? Certo, anche Nietzsche faceva del non conformismo (peraltro più teorizzato che praticato, nella sua vita di professore precocemente in pensione) una bandiera. Ma, come ha osservato Richard Rorty che è anche uno dei più coerenti eredi dello spirito emersoniano, Nietzsche amava Emerson soprattutto in quanto teorico della creatività individuale, così accentuata da prendere spesso la forma di un individualismo anarchico, mentre non ne condivideva certo l'impegno per l'abolizione della schiavitù e per una politica in generale «progressista»

Tuttavia, l'affinità con Emerson, che Nietzsche rivendicava così intensamente, può aiutare sia a capire meglio certi tratti meno «nazisti» del suo pensiero, sia certe contraddizioni dell'individualismo con cui ancora oggi ci troviamo a fare i conti.
Ciò che Nietzsche chiamava (senza spiegarlo tanto) l'eterno ritorno dell'uguale, si può ben leggere come la fede emersoniana nella «grande anima» (o «superanima»), l'idea cioè che ogni individuo porti in sé, e metta in gioco nelle sue decisioni imprevedibili, il tutto dell'essere. Non c'è un senso già dato nell'essere, sicché siamo liberi; ma quello che facciamo è anche sempre espressione della nostra appartenenza a questo tutto.
Romanticismo, eredità dell'idealismo, ma anche pragmatismo (la verità è quella che riusciamo a «fare»), sono una versione, anzi un'anticipazione, americana del pensiero di Nietzsche che forse può aiutarci a guardare a lui con meno sospetto. Naturalmente, a patto che anche Emerson non venga tradito da qualche forma di rigurgito «nietszchiano» nei suoi illegittimi eredi.




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