mercoledì 8 luglio 2009

L'eroismo dell'io inquieto: Ralph Waldo Emerson, Nietzsche e la nobile solitudine

di Serena Faganello, “La Gazzetta di Parma”, 25 marzo 2008

E tu, lenta ginestra, / che di selve odorate / queste campagne dispogliate adorni, [...] ma piu saggia, ma tan­to / meno inferma dell'uom, quanto le frali / tue stirpi non credesti / O dal fato O da te fatte immortali». De­canta così l'indomita resistenza della gi­nestra Leopardi nell'explicit della lunga lirica "La ginestra o il fiore del deser­to”, poetico testamento dei celeberrimi “Canti”. E il rustico arbusto diviene, con la sua floreale esplosione dorata, il nome e il simbolo – attraverso un ma­terico quadro del nostro Mattioli – della nuova collana “La Ginestra”, proposta dalla casa editrice reggiana Diabasis, diretta da Ferruccio Andolfi e ltalo Te­sta e nata con il fine di suggerire per­corsi riflessivi capaci di contrastare i fe­rali processi di individualizzazione del­la reificante società contemporanea, proponendo – come recita la nota espli­cativa – alternativi paradigmi di “indi­vidualismo solidale”.

Inaugura la sin­golare collana una raccolta di scritti di Georg Simmel (1858-1918), intitolata
“Friedrich Nietzsche filosofo morale” (Diabasis, pp. 126, 10 euro): silloge fi­losofica curata da Ferruccio Andolfi, titolare della cattedra di Filosofia della storia nel nostro ateneo, nonché studio­so dei rapporti tra umanesimo e indi­vidualismo, con particolare riferimento al secolo XIX. L’analitica scelta di saggi, recensioni e interventi dedicati dal sociologo tedesco al dirompente pensiero nietzscheano permette, grazie al lavoro di Andolfi, di penetrare Simmel nella terza fase della sua opera, improntata alla disamina della concezione vitalisti­ca, capace di definire una sorta di filosofia della vita, critica nei confronti del relativismo e vergata di tendenze mistiche. Il Nietzsche simmeliano si palesa, alla luce di questa savia antologia, come Giano Bifronte della filosofia morale ottocentesca, in quanto intagliato nelle
contraddizioni dell'umano e, come sosti­ene Simmel, permeato di «persona­lismo etico»: l'egoismo si converte in aristocraticismo» attraverso l'eleva­mento e la differenziazione delle individualità eccellenti (il mito della volontà di potenza); lo spiccato interesse socia­le, è sempre orientato verso una prospettiva «uma­nistica o personalistica» (l'eroismo dell'oltreuomo). Così, attraverso le cre­pe nietzscheane, la dottrina dell'«amor fati», ossia la realistica arrendevolezza umana di fronte alla legge del divenire temporale (l'eterno ritorno), svela un Nietzsche non solo tormentato ma an­che nostalgico e anelante, poiché – come sostiene Andolfi – «forse la personalità saliente di Nietzsche e proprio quella di essere diviso tra istinti opposti: "uno spirito libero con aneliti religiosi"». In­somma, l'individuo nietzscheano è au­tocentrato, sospinto dalla propria inebriante libertà di spirito, capace di spri­gionare la propria brama esistenziale, rimanendo fedele alla terra e deciso ad attuare la trasmutazione di tutti i valori tradizionali; eppure, in questa istanza di esaltante superiorità, l'uomo di Niet­zsche mostra anche le proprie cicatrici sdrucite e le proprie ambivalenti anti­nomie che inficiano l'autoglorificazio­ne.


Altro volume dedicato alla medita­zione intorno a un possibile individua­lismo sociale è il florilegio saggistico di Ralph Waldo Emerson (1803-1882), in­titolato «Società e solitudine» (Diabasis, pp. 138, 10 euro), curato da Nadia Urbinati, docente di Teoria politica presso la Columbia University, specia­lizzata nello studio della teoria liberale e democratica, specialmente anglosas­sone.
Il percorso suggerito da Urbinati consente di scoprire il carismatico pen­satore-conferenziere statunitense, fon­datore del trascendentalismo – forma di idealismo romantico pervaso da neo­platonismo e mistica orientale – capace di provocare influenze pratiche e risvol­ti morali all'interno della puritana so­cietà americana “in fieri” socio-politi­co.

Così, l'ex pastore di Boston, trasfor­matosi nel mito del 'self made man’ tanto caro all'etica dell'individualismo pragmatico, predica un auspicato equilibrio tra democratiche istanze sociali e classicheggiante fiducia in se stessi, spalancando l'individualità all'alterità amicale, ma, insieme, ammonendo l'ec­cessiva dispersione relazionale in forne comunitarie e associative.
Allora; auguri a questa nuova collana editoriale che tanto richiama, nel suo intento cogitabondo, le «lentae geni­stae» virgiliane delle “Georgiche”, tenacemente abbarbicate agli assolati terreni mediterranei con quegli irti rami e con quelle ungarettia­ne foglie caduche, al pari del tortuoso viatico dell'uomo gettato nella agoni­stica società attuale e destinato, per resistere indomito, a divenire con difficoltà individuo nella massa.




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