di Roberto Mussapi, “Avvenire”, 29 giugno 2008
Escono due libri che raccolgono i saggi del grande autore americano: uno sguardo sulla realtà che diventa giudizio sul proprio tempo e «pensiero politico»
Voleva scrivere un libro «che appare nel mondo solo a lunghi intervalli, ogni due o tre secoli, forse, e che presto o tardi diviene oggetto della considerazione di tutti». L’induismo e la tragedia greca, gli elisabettiani, Shakespeare e Cervantes, i presocratici e gli storici greci e latini, i poeti supremi, Dante e Omero, gli aforistici, Bacone e Montaigne: in loro cercò sempre l’identico attraverso il diverso e l’irrepetibile. Nato a Boston nel 1803, morto nel 1882, Ralph Waldo Emerson, saggista, poeta, scrittore, conferenziere, è uno dei grandi fondatori della letteratura e del pensiero americani. Tra il 1850 e il 55 uscivano i capolavori di Melville, Thoreu, Whitman, Hawthorne, e i saggi principali di Emerson che animano quel 'Rinascimento americano' che fonda con capolavori memorabili una nuova letteratura, destinata a una vita straordinaria. Non solo la poesia di Whitman e il clima di quel rinascimento, ma una delle più vitali tradizioni letterarie americane discende da Emerson, il quale, traducendo sulla pagina il miglior repertorio elle proprie conferenze, inventa una saggistica pregnante e vitale quanto la voce stessa, in una prosa fluviale, onnicomprensiva e illuminante che affascinerà Nietzsche e Borges. L’aggettivo 'trascendentale' coniato da Emerson indica la parola capace di cogliere la natura simbolica della cosa, in tal modo riunificandola ulteriormente all’anima di cui la cosa è simbolo. Splendida la metafora della vita come «un cerchio il cui centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo» che pare desunta dall’osservazione del miracoloso crearsi e svanire della forma quando si lancia un sasso in un’acqua ferma. In tale prospettiva, i suoi saggi su Immaginazione, su Intelletto, Storia, Amicizia, Amore, e sulle grandi realtà animiche della vita, vede il dominio del primo saggio citato accanto a quelli sul Poeta, e, appunto, quello intitolato 'Cerchi'. Circolarità, natura come manifestazione dell’anima universale, le due polarità che reggono il mondo, di cui l’interprete eletto è il poeta. Non necessariamente o meglio non esclusivamente il grande poeta, ma l’uomo che osserva la realtà dal punto di vista della poesia. Ciò che egli fece. Il suo pensiero, fondamentale nella cultura americana, e apprezzato da grandi autori di altre nazioni, non si è minimante affermato nel nostro paese. Ora escono a breve distanza (può essere indizio positivo) due raccolte di saggi del grande americano, Essere poeta, a cura di Beniamino Soressi (Moretti e Vitali), e Società e solitudine, a cura di Nadia Urbinati (Diabasis-La ginestra). Come indicano piuttosto chiaramente i titoli si tratta di due raccolte differenti: la prima incentrata su Emerson in relazione alla poesia e alla centralità che questa occupa nell’intero spettro del reale. La secondo imperniata sugli aspetti filosofici e filosofico politici del pensiero emersoniano in relazione al suo tempo e agli sviluppi futuri. Si tratta di due lavori precisi, ognuno dei quali tende però a isolare un aspetto dell’opera di un autore la cui caratteristica è la coesistenza di tutte le parti in un un’unità mobile e fluttuante. Ma due segnali importanti per colmare una grave lacuna, riscoprendo un pensatore fondamentale e quanto mai necessario in un tempo disanimato come il nostro.
Ralph Waldo Emerson:
ESSERE POETA Moretti e Vitali Pagine 112. Euro 16,00
SOCIETÀ E SOLITUDINE Diabasis-La ginestra Pagine 138. Euro 10,00
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